I Tumori Primitivi

I tumori primitivi ossei hanno origine dai diversi tipi di cellule che si trovano all’interno della colonna vertebrale (ad esempio dal tessuto cartilagineo o dal tessuto osseo, ma anche dalle strutture vascolari che si trovano dentro l’osso).
I tumori primitivi della colonna vertebrale rappresentano una patologia rara, poco conosciuta e spesso diagnosticata non correttamente e in ritardo. Si distinguono in benigni e maligni in base alle loro caratteristiche intrinseche di aggressività nei confronti dei tessuti limitrofi o in base alla loro capacità di metastatizzare a distanza.
Il dolore è il sintomo più comune, soprattutto per i tumori maligni a crescita più veloce e invasiva. Molto rapidamente la vertebra può essere erosa, ma i sintomi sono talmente importanti e le procedure di indagine radiologica così diffuse che la lesione diventa evidente e diagnosticabile prima che la vertebra collassi. Solo il cordomatumore maligno a lenta crescitanon provoca dolore quando insorge nel sacro se non quando raggiunge dimensioni voluminose all’interno dell’addome. Il dolore neoplastico all’esordio è per lo più caratteristico: non correlato a sforzi o posture, spesso notturno, gravativo, una specie di “rumore di fondo” meno frequentemente trafittivo.

Diagnosi

A fronte di un dolore vertebrale la radiografia semplice è il primo e più economico esame, che consente una visione globale della struttura ossea, ma nella maggior parte dei casi non dimostra sostanziali elementi diagnostici perché può evidenziare solo lesioni già significative.
La TAC e la RMN sono invece in grado di mostrare precocemente elementi che possono almeno far sospettare la patologia.
Aspetti di infitrazione neoplastica, di erosione delle strutture ossee, masse neoformate, sono immagini che devono far sospettare una malattia neoplastica. Tutti sappiamo che le metastasi sono ben più frequenti dei tumori primitivi, secondo diverse valutazioni circa 50-80 volte. E le sedi vertebrali sono così frequenti che un mal di schiena in paziente con anamnesi di carcinoma deve far subito sospettare la presenza di una metastasi e non solamente una banale artrosi. Ma è gravissimo errore trattare ogni lesione neoplastica vertebrale senza una diagnosi istologica, anche in presenza di una lesione primitiva.
Non sono purtroppo rari i casi di secondo tumore, o di tumore primitivo che insorge in un paziente già affetto da altra neoplasia. Quindi una volta evidenziata la lesione neoplastica, è imperativo eseguire una biopsia, meglio con un grosso ago sotto controllo TC per raggiungere con sicurezza la lesione senza contaminare i tessuti vicini e sottoporre al patologo il tessuto più idoneo per la diagnosi istologica, la sola che consenta un trattamento adeguato.

Terapie

Le lesioni benigne possono essere trattate solo con embolizzazione arteriosa (cisti aneurismatica) o con infiltrazioni di cortisone (granuloma eosinofilo) o con radioterapia (angiomi) o con radiofrequenza (osteoma osteoide) o con escissione chirurgica intralesionale (osteoblastomi non aggressivi). Alcune lesioni benigne non richiedono trattamento ma solo osservazione attenta (displasia fibrosa).
Altre lesioni benigne, ma ad alta aggressività locale (tumore a cellule giganti osteoblastoma aggressivo), richiedono una chirurgia molto cruenta, al pari delle lesioni maligne a basso grado (cordomi e condrosarcomi). Si tratta della cosiddetta “resezione in blocco”, vale a dire la resezione del tumore senza che il chirurgo lo veda, in un bocco solo con tutto il tessuto sano che lo circonda. Intervento particolarmente difficile nella colonna vertebrale e nel sacro, talvolta impossibile, a causa del coinvolgimento di strutture come il midollo spinale o l’aorta che non possono se non a costo di gravi conseguenze, essere sacrificate per ottenere la resezione del tumore contenuto entro un blocco di tessuto sano.
Per i tumori più maligni (osteosarcoma e sarcoma di ewing) anche la resezione in blocco da sola non è sufficiente e deve essere impostato un programma più complesso, che include anche chemioterapia e radioterapia. Per tumori come il mieloma e il linfoma la chirurgia è meno importante rispetto alle cure oncologiche e radioterapiche.
I dati statistici mostrano con chiara evidenza che il primo intervento condiziona pesantemente la prognosi. Una scelta non corrispondente all’aggressività della neoplasia, magari decisa per eseguire una tecnica meno invasiva, esponendo il paziente a rischi chirurgici minori, può portare allo svilupparsi in tempi brevi di una recidiva, cioè della ripresa di crescita e invasività della malattia neoplastica, che presenta spesso caratteri di malignità più gravi rispetto alla forma iniziale. Chi si trova quindi ad affrontare la cura di una di queste malattie ha una responsabilità molto importante: una formazione oncologia e non solo ortopedica o neurochirurgica è indispensabile per non sottostimare la malattia eseguendo così un trattamento non congruente. La recidiva sarà sempre molto più difficile da trattare e sempre con risultati meno brillanti (un più alto rischio di ulteriore recidiva locale).